8 Ottobre 2012
C'è una parte importante di chi si occupa professionalmente di cinofilia che è convinta che esista una sorta di dualismo irrisolvibile.
Da una parte la possibilità di costruire una relazione equilibrata e rispettosa con i cani, di riconoscere il loro valore come soggetti unici (con tutto quello che ne deriva in termini relazionali), la convinzione di dover evitare ogni forma di strumentalismo che finisce per “USARE” il cane come se fosse, appunto, uno strumento, il riconoscimento delle qualità (tutte) di questo animale a prescindere da quello che fa per noi ma per il semplice fatto di esistere, solo per quello che intrinsecamente è.
Dall'altra il mondo di chi al cane fa richieste, pone sfide, lo impegna in un compito a volte duro, punta ad un risultato, mira al miglioramento continuo di una performance.
Devo ammettere che la ricerca di un punto di equilibrio in questa apparente dicotomia mi ha tormentato per parecchio tempo, finché non mi è sembrato chiaro che è, appunto, un dualismo solo apparente.
Ho passato l'ultima settimana ad imparare cose nuove e ad ammirare sinceramente persone che agiscono in modo assolutamente fluido e naturale su questo terreno in realtà continuo ed indistinto. Gente che al cane chiede molto, a volte prestazioni che ai miei occhi sembrano letteralmente estreme.
Sono anche persone che chiedono molto a se stesse PRIMA e MOLTO DI PIU' che al cane, persone per cui è normale fermarsi e chiedere sinceramente 'scusa' al cane quando le cose non funzionano per loro responsabilità, persone che proprio nel compito che eseguono cercano una profonda connessione con il cane e con tutto quello che hanno attorno, persone che cercano di MERITARSI il rispetto del cane, persone che agiscono ponendo continuamente domande al cane ed in particolare ponendone una in maniera educata: ”Poi fare questo per me?”
Nessuno di loro si auto-definisce in funzione dei risultati che ottiene....ma ottengono grandi risultati e sanno dire sinceramente GRAZIE!
Sono stato bene...